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SERVELLO AL FAMEDIOTRA I BENEMERITI DI MILANO Clicca sul titolo per leggere

FRANCO SERVELLO
AL FAMEDIOTRA I BENEMERITI DI MILANO

Si è svolta il 2 novembre 2015, al Famedio dei Milanesi illustri, al Cimitero Monumentale, la cerimonia per l’iscrizione dei nomi prescelti quest’anno dal Consiglio Comunale. Tra essi Franco Servello, scelto perché – come recita la motivazione - «a Milano è stato per più di un decennio consigliere comunale, e la città, dopo avergli conferito nel 2006 l’Ambrogino d’Oro, rende oggi omaggio alla sua figura di uomo delle istituzioni autorevole e appassionato, iscrivendone il nome nel Famedio dei milanesi illustri». Alla cerimonia hanno preso parte il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente del Consiglio Comunale Basilio Rizzo, numerose autorità e i parenti dei nuovi iscritti nel Famedio. Mancavano i rappresentanti dell’Anpi e dell’Aned, che avevano manifestato il loro dissenso al conferimento del riconoscimento a Franco Servello. In proposito – come ha riferito Daniela Brandonisio nella sua cronaca scritta per «Libero» - Basilio Rizzo ha precisato, nel suo intervento, come nessuno abbia inteso «mettere in discussione i valori della Resistenza: Milano è sempre orgogliosamente legata alla lotta dei suoi figli per la Liberazione».

«A far accantonare la polemica», ha scritto a sua volta, nella sua cronaca per il “Corriere della Sera”, Paola D’Amico, «è la vicesindaco Francesca Balzani che parla a braccio e commuove la platea strappando cinque applausi a scena aperta. Il primo quando ringrazia il Sindaco “che ha fatto molto per dare alle donne spazio e modo di dimostrare il loro valore”. Poi, quando legge i nomi delle quattordici donne benemerite del passato di cui ricorda l’attività, da Maria Montessori, ad Alessandrina Ravizza, a Maria Grazia Cutuli, inviata del “Corriere della Sera” uccisa a 39 anni in Afghanistan mentre svolgeva il proprio lavoro al servizio dell’informazione». Nella cronaca dell’evento scritta per “Il Giornale” da Alberto Giannoni si legge tra l’altro: «Le parole, critiche o retoriche, passano. Il nome di Franco Servello resterà iscritto al Famedio fra i grandi Milano. In virtù di questa certezza ieri la Destra milanese ha evitato ogni polemica. Non ha commentato l'assenza polemica dell'Anpi alla cerimonia del Monumentale (anche perché era presente un'altra sigla di partigiani, legata alla tradizione di Giustizia e Libertà)».

Nella cronaca di Giannoni si legge ancora: «Servello fu certamente di destra ma nel discorso di commiato dal Parlamento, quando annunciò al Senato l'intenzione di non ricandidarsi, ripercorse con queste parole il senso della sua storia politica: “Appartengo, come tutti sapete, a un movimento politico che è presente sulla scena pubblica fin dagli anni difficili del dopoguerra. Ebbene - aggiunse - posso dire oggi di aver contribuito a costruire, nel tempo, la piena legittimazione istituzionale di questa famiglia. Insieme a tanti che oggi non ci sono più, ho lavorato affinché la destra si mantenesse, non solo, come è ovvio, dentro la legalità democratica, ma anche perché cessasse di rappresentare il polo escluso dalla politica italiana”. E nel sito a lui dedicato compare una lettera a firma dell'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in cui si legge che “ha dato un contributo di alta professionalità e senso dello Stato, nel rispetto assoluto di quei valori democratici nei quali l'Italia si riconosce”. Nel resoconto stenografico della seduta del 22 ottobre 2014 in cui fu commemorato si legge: “Il Presidente si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea”».

Alla cerimonia al Famedio era presente Donatella, la vedova di Franco Servello. Queste le sue parole, riportate nel servizio pubblicato su “Libero”: «Sono molto contenta per lui. Ha dedicato la sua vita a Milano, è stato definito un galantuomo e lo è stato davvero. Le polemiche non hanno senso. Ringrazio il Comune per questo omaggio». All’indomani della presa di posizione dell’Anpi e dell’Aned, Donatella Servello aveva inviato al «Corriere della Sera» la seguente lettera: «Caro Direttore, apparirà scontato che la moglie di Franco Servello difenda la memoria e l’operato politico del marito. Da quando il suo nome è stato inserito nell’elenco dei cittadini benemeriti della città di Milano, ho assistito ad una serie di attacchi pretestuosi che ci riportano agli anni della lotta cruenta tra opposte ideologie. Pensavo che oggi ci fosse più obbiettività nel giudicare la lunga carriera e l’impegno gravoso di un italiano figlio di immigrati in America, arrivato a Milano nell’immediato dopoguerra, che prese in mano il giornale dello zio Franco De Agazio, assassinato dalla una frangia estremista, per portare avanti l’azione di pacificazione e di riequilibrio degli animi, divisi da opposte ideologie politiche. Anche come responsabile politico del MSI a Milano e Pavia, si adoperò ogni giorno, per anni, con coraggio e fatica, per sedare gli animi più accesi della sua parte. Come cittadino d’adozione e Consigliere del Comune di Milano, ha sempre avuto come obiettivo il bene della città. Ciò è stato giustamente affermato e riconosciuto lo scorso anno, nell’aula consigliare del Comune, da autorevoli esponenti di tutte le forze politiche opposte a quella di mio marito (così come avvenuto anni prima da parte del Presidente della Repubblica e del Senato). E questo va ad onore della nostra Amministrazione locale e del nostro Paese. Ricordo infatti, gli oltre 40 anni della sua vita faticosa spesa a Roma, alla Camera e al Senato della Repubblica, per porre la parola fine alle esasperazioni faziose di un quadro politico che oggi, grazie alla sua lungimiranza e dedizione, appare più maturo ed equilibrato. Grazie e cordiali saluti».

FRANCO SERVELLO MEMORIAL DAY Clicca sul titolo per leggere

NEL RICORDO DI FRANCO SERVELLO
LA DESTRA RINASCE NEL CUORE DI MILANO

Domenica 25 ottobre 2015 si è svolto, con grande partecipazione di pubblico, il «Franco Servello Memorial Day» organizzato dalla Fondazione Alleanza Nazionale nel moderno Auditorium della Regione Lombardia, in piazza Città di Lombardia. E’ stata l’occasione per il rilancio di una politica di destra ispirata alla grande tradizione della quale Servello – scomparso il 14 agosto dell’anno scorso e il cui nome, il prossimo 2 novembre, sarà inserito nel Famedio tra i Grandi di Milano – è stato uno dei più amati interpreti. Centinaia di persone, non soltanto di Milano ma giunte da vari centri della Lombardia, hanno partecipato all’evento, manifestando rimpianto per l’uomo politico e affetto nei confronti della vedova, signora Donatella, ospite principale del Memorial Day.

Organizzatore e animatore della giornata è stato l’onorevole Ignazio La Russa, che per ben sei ore (dalle 14 alle 20) ha dato spazio e voce a quella che è stata ribattezzata «assemblea della Destra diffusa». Non a caso, alla serie di interventi, che hanno coinvolto giovani e anziani, parlamentari e consiglieri regionali, dirigenti e semplici attivisti, sono state dedicate le tre ore iniziali della giornata.

Vivamente atteso, e accolto con entusiasmo e piena condivisione, l’intervento di Giorgia Meloni, la presidente di “Fratelli d’Italia” che ha risposto con forza e vivacità, sollevando gli applausi della platea, alle incalzanti domande del direttore de “Il Giornale”, Alessandro Sallusti. Si è poi entrati nel vivo del Memorial Day con la proiezione di un documentario filmato che ha fatto rivivere al pubblico i momenti essenziali della lunga azione politica di Franco Servello. Al documentario ha fatto seguito il ricordo di Servello pronunciato dal giornalista e storico Luciano Garibaldi e che viene riprodotto più avanti.

Grandi applausi, poi, per l’entrata in scena di Marcello Veneziani, che ha presentato e condotto la sua “Serata Italiana”, comizio d’amore in forma di monologo. Il popolare intellettuale e scrittore, divenuto presidente del Comitato scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale, ha regalato alla folta platea pensieri e parole, immagini e musica, alla ricerca della Patria smarrita. Con battute e parole di grande successo, come il sogno di dimenticare gli “ITALIENI” per ritrovare gli “ITALIANI”.

FRANCO SERVELLO E' SEMPRE CON NOI Clicca sul titolo per leggere

FRANCO SERVELLO E’ SEMPRE CON NOI

Pubblichiamo il testo dell’intervento con cui il giornalista e storico Luciano Garibaldi ha ricordato Franco Servello nel corso del Memorial Day di domenica 25 ottobre, dedicato al grande uomo politico che per la sua intera esistenza operò nell’interesse di Milano e della Lombardia.
di Luciano Garibaldi

Il 14 agosto dell’anno scorso, Franco Servello non ci ha lasciati, perché è sempre qui con noi, punto di riferimento per chi si identifica in una destra moderata, liberale, stimolatrice dei doveri ma anche custode dei diritti del cittadino. Franco Servello esordì sulla scena politica in un momento drammatico, quando, cioè, nel marzo del 1947, suo zio Franco De Agazio, fondatore e direttore del «Meridiano d’Italia», fu assassinato da sicari della Volante Rossa a Milano, davanti alla sua casa. Franco Servello aveva 26 anni ed era giornalista professionista, redattore dell’edizione milanese del quotidiano “Il Tempo”. Raccolta l’eredità morale e ideale dello zio ucciso dall’odio comunista, Servello, tra difficoltà gravissime, violenze, minacce, soprusi, assunse la direzione del coraggioso settimanale proseguendone le due principali missioni: il raggiungimento della pacificazione tra italiani, e l’accertamento della verità sul furto del tesoro di Dongo e sulla catena di omicidi seguìti ad esso. Dopo pochi mesi dall’assassinio di Franco De Agazio, la Volante Rossa invase la redazione e la distrusse. Seguirono arresti, denunce, condanne, sequestri, una violenza sistematica che non piegò né il nuovo direttore del giornale né i collaboratori, che in seguito considereranno sempre quell’impegno con orgoglio.

E, poiché ho parlato dei collaboratori del “Meridiano d’Italia”, voglio ricordare che si trattava di uno stuolo di intellettuali e politici di altissimo livello. Ecco alcuni nomi: Filippo Anfuso, Giorgio Almirante, Giorgio Pini, Carlo Costamagna, Edmondo Cione, Ezio Maria Gray, Piero Pisenti, Giorgio Pisanò, Ernesto Massi, Ugo Franzolin, Mario Tedeschi. Il passaggio di Servello dal giornalismo alla politica attiva ebbe inizio con la sua adesione al Movimento Sociale Italiano e la sua elezione a consigliere comunale di Milano nel 1951. Il 25 maggio 1958 fu eletto deputato nella circoscrizione Milano-Pavia e successivamente confermato in tutte le successive elezioni fino al 1996, per ben undici legislature. Come deputato, intervenne in tutti i dibattiti parlamentari nei quali l’opposizione del MSI-DN contrastò il degrado progressivo della politica nel nostro Paese, trasformatasi da servizio della collettività a pratica spregiudicata del potere, fino al sorgere e al consolidarsi di quella «partitocrazia» che volle porre l’ipoteca ideologica discriminatoria su ogni aspetto sociale, culturale e amministrativo del Paese. Non si contano le sue battaglie parlamentari portate a compimento, in particolare nella lotta alle mafie e nella promozione delle discipline sportive in Italia.

Un instancabile lottatore come Servello non poteva non entrare nel mirino degli estremisti di sinistra. Accadde all’inizio degli «anni di piombo», allorché Lotta Continua lo individuò come il primo obiettivo da colpire sulla piazza milanese, ove egli svolgeva il compito di segretario del partito nonché fondatore ed animatore di Radio University. Ma il sicario incaricato di sopprimerlo fu “giocato” da un improvviso cambiamento di programma deciso da Servello in virtù dei suoi impegni come appassionato di calcio (e in particolare tifoso e dirigente dell’Inter). Cosicchè il mancato killer fu arrestato con le armi in pugno dopo avere esploso un colpo a vuoto. Due mesi dopo cadeva, assassinato dalla stessa organizzazione, il commissario Luigi Calabresi.

Due parole su Radio University, alla quale ho appena accennato. Mi è caro riportare alcuni brani tratti da una rievocazione di quella trasmittente scritta da Eugenio Pasquinucci (uno dei redattori di Radio University), che ho trovato sul sito destra.it. «A metà degli anni settanta», scrive Pasquinucci, «la situazione politica della destra milanese era estremamente critica. Dopo la morte di Sergio Ramelli, nell’aprile del 75, ogni madre che avesse un figlio di destra, tirava un sospiro di sollievo quando la sera lo vedeva tornare a casa. Eppure, occorreva far sentire la propria voce, pena la scomparsa di scena di tutta una comunità umana. Fu così che, a metà del 1976, nacque Radio University, che ebbe la sua sede in via Mancini al n.1, nello studio dell’onorevole Franco Servello. Ed ebbe inizio un’avventura che avrebbe cambiato la mia vita. L’anima della radio era la mitica signora Donatella, moglie di Servello, sempre molto restia ad apparire ma vera “deus ex machina” di tutta l’emittente. Tutto passava attraverso le sue decisioni, d’altronde eravamo a casa sua, ma la sua riservatezza non lo rendeva evidente. Il clou delle trasmissioni», scrive ancora Pasquinucci «era rappresentato dall’incontro della domenica mattina con Ignazio La Russa e Walter Jeder, a cui si affiancava quando poteva l’on. Servello. L’audience delle nostre trasmissioni era notevole, ce ne accorgemmo perché, qualunque argomento toccassimo, ci chiamava sempre qualcuno coinvolto direttamente nella questione. Il nostro vero direttore era Ilarius, pseudonimo di Ignazio». Così conclude la sua rievocazione Pasquinucci. Tempi lontani, ma da ricordare. Sono trascorsi 40 anni.

Più vicina a noi, un’altra tappa fondamentale dell’impegno politico di Franco Servello. Il 21 aprile 1996 fu eletto Senatore nel Collegio 9 Abbiategrasso-Magenta con 52 mila voti di preferenza, pari al 35% dei votanti, divenendo subito uno dei più apprezzati ed attivi esponenti politici della zona, per cui è convinzione generale degli abitanti dell’Ovest milanese che gran parte del merito per cui oggi quelle zone sono tra le più pregiate della Lombardia vada attribuito alla sua instancabile opera imperniata su questi punti principali: protezione del territorio; prevenzione della speculazione edilizia; sviluppo dell’agricoltura e del turismo ecologico; lotta alla malavita e per il rafforzamento dell’ordine pubblico; una efficiente politica dei trasporti; difesa del lavoro e impegno a favore delle piccole imprese. Nel suo nuovo ruolo di senatore, non vi fu praticamente questione che non lo vedesse partecipe con interventi specifici, mozioni, interpellanze, interrogazioni. I problemi che affrontò andavano dagli enti cosiddetti «no profit», alle pensioni erogate a cittadini della ex Jugoslavia; dall’uso e gestione dei collaboratori di giustizia, al ruolo dei sindacati in Italia come fattore influente sulla situazione politica; dalla gestione degli aiuti umanitari al Kosovo, al dramma delle bombe all’uranio impoverito; dai diritti dei profughi istriano-dalmati e della Libia, alla tutela della salute dei cittadini; dalla riduzione della pressione fiscale, a una corretta politica dell’accoglienza degli immigrati con il blocco degli ingressi non programmati.

Il 28 febbraio 2006 Franco Servello concluse il suo mandato al Senato comunicando che non si sarebbe ripresentato alle elezioni del 9 aprile 2006. Quel giorno, pronunciò a Palazzo Madama un intenso e commovente discorso di commiato dal quale ricavo questo significativo brano: «Appartengo, come tutti sapete, a un movimento politico che è presente sulla scena pubblica fin dagli anni difficili del dopoguerra. Di questa formazione sono stato rappresentante nelle istituzioni già all’inizio degli anni Cinquanta, quando entrai nel Consiglio comunale di una Milano molto diversa da quella odierna. Ebbene, posso dire oggi di aver contribuito a costruire, nel tempo, la piena legittimazione istituzionale di questa famiglia. Insieme a tanti che oggi non ci sono più, ho lavorato affinché la destra si mantenesse, non solo, come è ovvio, dentro la legalità democratica, ma anche perché cessasse di rappresentare il polo escluso della politica italiana». Un risultato pienamente raggiunto.

Da quel momento, si dedicò con rinnovato impegno alla sua attività di scrittore che aveva contrassegnato gli anni della sua giovinezza, al timone del “Meridiano d’Italia” dopo il vile assassinio dello zio Franco De Agazio. Come se 60 anni fossero trascorsi in un attimo. E non per caso, il primo dei libri che sortirono dalla fervida penna di Servello storico e scrittore, in collaborazione con il giornalista Aldo Di Lello, s’intitolava «60 anni in Fiamma» ed era la storia della Destra italiana nel dopoguerra, dal MSI ad AN. Servello rievocava il dramma dei reduci della RSI, il clima intimidatorio in cui operavano le riviste di destra nell’immediato dopoguerra, le prime battaglie del nuovo partito, gli infuocati dibattiti tra le sue varie anime. In primo piano le figure dei leader: da De Marsanich a Michelini ad Almirante. Poco tempo dopo vide la luce proprio il libro intitolato «Almirante», pubblicato in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa del leader della destra, avvenuta il 22 maggio 1988. Il profilo storico-politico del grande italiano che volle la pacificazione, inizia con l'analisi del pensiero e dell'azione dell’uomo politico attraverso il criterio dell'attualità, confrontando la sua critica al sistema partitocratico con l’incalzante ondata di antipolitica. Viene poi descritto il fondamentale contributo dato da Almirante alla difesa della legalità e della democrazia in Italia, a partire dalla sua idea della pacificazione e del superamento degli odii della guerra civile, per proseguire con il racconto della sua coerente battaglia per il presidenzialismo, principio che Servello condivise sempre. Descrive poi l'azione del leader della Destra nazionale nei tragici anni di piombo, e prosegue con la rievocazione delle sue doti mediatiche e della sua straordinaria capacità di dominare lo strumento televisivo.

La produzione letteraria di Servello prosegue con volumi particolarmente apprezzati dal pubblico, e che costituiscono ancora un importante punto di riferimento. Ricordo «Revisionismo - Memoria ritrovata Patria riscoperta» (Koiné Nuove Edizioni), giunto in libreria in occasione del sessantennale del 25 Aprile ‘45. Il libro, che ripercorre la "lunga marcia del revisionismo" dagli anni Settanta in poi, approda all'Italia odierna che "colma i vuoti di memoria". Il nostro Paese, scrive Servello, è pronto per "trasformare in valore diffuso la storia condivisa". I segni più evidenti di questo processo sono molteplici: dalla istituzione del Giorno del Ricordo in onore delle vittime delle foibe e dell'Esodo degli istriani giuliani e dalmati, al successo ottenuto da libri di storia come «Il Sangue dei vinti» di Giampaolo Pansa.

Altro importante libro di Servello è «Da Giacomo Matteotti a Giovanni Gentile: riconciliazione?». L’obiettivo del libro è quello di fare in modo che una più matura e serena riflessione sul passato renda evidente ciò che in tutti questi ultimi decenni è stato oscurato dall'imperversare della faziosità ideologica: e cioè che tutti gli italiani sono uniti da uno stesso destino storico. Nessuna voglia di unanimismo né tantomeno di conformismo. C'è solo il desiderio di raccontare Gentile e Matteotti come personaggi, pur distinti e distanti, di uno stesso grande dramma, di una stessa drammatica vicenda, quella dell'Italia e delle passioni furiose che la caratterizzarono nella prima metà del secolo scorso

Fondamentale è poi da considerarsi «Revisionismo: la caduta dei tabù. Da Destra una risposta a Ciampi». Il volume punta a restituire alla Destra l'iniziativa del dibattito politico e culturale sulla memoria storica italiana dopo l'impulso fornito dal Presidente Ciampi. «Questo mio pamphlet - dichiarò Servello durante la presentazione del libro - vuole essere un rispettoso invito al Capo dello Stato affinché promuova un grande dibattito sulla memoria storica della guerra civile con quelle garanzie di imparzialità e di equilibrio di cui ci ha dato prova nello svolgimento del suo mandato».

L’ultimo suo libro è stato «Perché uccisero Mussolini e Claretta. La verità negli archivi del PCI», al quale ho avuto l’onore, il piacere e il privilegio di collaborare, scritto per l’editore Rubbettino nel 2010 e giunto, due anni dopo, alla sua seconda edizione, con importanti documenti storici ritrovati – anche grazie all’aiuto di grandi amici come Benito Bollati – presso l’Archivio Storico del Tribunale Supremo Militare. Instancabile, autorevole, lucidissimo, Servello è stato, e continua ad essere, un esempio, un punto di riferimento, uno stimolo per quanti auspicano, e si battono per una società basata sulla solidarietà, sulla comprensione e sulla giustizia.

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